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#320 - Produttività: La Tecnica Nonomura

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Ho scoperto che per migliorare la propria performance in qualsiasi campo, un piccolo esercizio che può fare tanta differenza è il farsi un piccolo film nella testa dei passi che intendi fare, prima di farli.
La storia
Nel 1980 ero uno studente della San Francisco State University. Studiavo per laurearmi in Multimedia.
In America, a differenza da quello che succede in Italia, l’università offre grandissime opportunità di fare sport, anche a livello agonistico, difendendo i colori del proprio campus.
Non solo.
La partecipazione a corsi ed attività agonistiche con la squadra della propria università consente anche di guadagnare punti validi al conseguimento della propria laurea.
E così, più per passione che per interesse, decisi di iscrivermi e poi di entrare a far parte della squadra di scherma ufficiale della mia università.
La scherma infatti, così come una multitudine di arti di combattimento, sono stati gli sport che mi hanno plasmato fisicamente e caratterialmente al posto del pallone con cui giocavano tutti i miei amici.
Così come uno studente indiano esperto di cricket può essere accolto in una città latino-americana. E’ un pezzo raro a cui prestare attenzione.
Così, sentendo dentro ancora forte l’attrazione verso questa arte, ho pensato che forse avrei trovato una buona accoglienza e disponibilità, vista la mia nazionalità ed esperienza.
E così fu infatti.
Ma veniamo al dunque.
L’episodio che mi colpì al tempo e che recentemente mi è tornato prepotentemente in mente, è uno avvenuto in uno dei tanti weekend trascorsi facendo gare locali, piccoli campionati e sfide inter-universitarie.
Mi ricordo che eravamo nella grande palestra centrale di allenamento dove si svolgeva una gara locale.
Era presente fra gli altri un giovane ragazzo, di nome George Nonomura, di cui in tanti mi avevano parlato.
George era al tempo uno fra i più promettenti schermidori non solo a livello locale, ma a livello nazionale.
Nonostante non avesse un fisico apparentemente da campione di scherma, alto e longilineo, la sua fama e la sua abilità lo precedevano.
Piccolo quanto me, ma con un fisico estremamente solido e ben allenato, George faceva della sua velocità e della sua calma e distacco delle armi micidiali nel mettere a dura prova qualsiasi avversario.
L’unica cosa che ricordo del combattere con lui, era l’ineffabilità con cui non solo era in grado di difendere, ma la rapidità e i riflessi con cui era in grado di rispondere con velocità e precisione.
Insomma combattere con lui, voleva dire perdere un incontro così rapidamente da non avere avuto neanche il tempo di rendersi conto di cosa aver sbagliato e d cosa sarebbe stato opportuno fare.
Beh, ero lì da un lato, seduto per terra a seguire gli incontri in corso, quando un'amica mi ha fatto notare qualcosa che non avevo mai visto.
George era seduto da una parte con gli occhi chiusi e concentrato.
Ho domandato a Terry: “Che sta facendo?
Sta provando le mosse che farà” mi risponde la mia amica.
Che vuoi dire?” gli domando sorpreso.
Lui si fa un film nella testa del suo prossimo incontro e guarda al rallentatore le mosse, le azioni e i passi che farà quando incontrerà il prossimo avversario.
La cosa mi colpì molto.
Mai avevo sentito o letto di un qualcosa del genere.
Rimasi affascinato e incuriosito, ma rimasi mero spettatore di un qualcosa, che al tempo e per le mie attitudini al tempo, mi pareva si fantastico, ma del tutto fantascientifico e fuori dalle mie possibilità.
Facciamo *avanti veloce* ai nostri giorni.
Dimentica San Francisco, dimentica la scherma, dimentica George Nonomura.
Qualche tempo fa, stavo annotando su un foglio di carta i compiti da svolgere il giorno seguente, così come faccio abitualmente.
Senza realizzarlo, ho cominciato a pensare al podcast che avrei registrato il giorno seguente, ma invece di semplicemente annotare sul foglio questa cosa da fare, ho cominciato a sognare e a immaginare ciò che avrei fatto la mattina seguente.
Mi sono immaginato i singoli passi.
L’avvio della registrazione, la prima parte del racconto, cosa avrei detto per spiegare bene il problema, la chiusura e le conclusioni che avrei tratto.
Ho fatto praticamente nella mia mente, ciò che normalmente faccio fisicamente quando mi dedico a svolgere un compito.
Ho preso nota di cosa ho immaginato, e sono andato a dormire.
La mattina dopo, ho registrato il podcast e ho sentito una sensazione nuova, piacevole e diversa.

  1. Non ho dovuto spendere tempo a “pensare” cosa avrei dovuto dire. Le idee erano già chiare.
  2. Riuscivo a raccontare in maniera fluida e scorrevole quello che avevo pensato la sera prima.
  3. Mi sentivo più tranquillo e fiducioso nel raccontare ciò che volevo condividere e il risultato era decisamente migliore del mio livello medio abituale.

Morale della favola: Ho imparato che posso usare la mia mente per preparami e per migliorare le mie prestazioni quando devo svolgere un compito impegnativo, specialmente in ambito creativo.
Scrivere un articolo, fare un racconto, intervistare qualcuno, esibirsi in una performance.
La formula consiste nell’immaginare - prima di farlo - ciò che si farà. I singoli passi e la sequenza o strategia che si intende seguire.
Farsi un vero e proprio mini-film del processo.
Il risultato è che, facendo ciò, la mia mente si scalda, si mette in moto ad analizzare il percorso, e prepara un “solco” da poter seguire allorché si affronterà il compito vero e proprio.
Ciò alleggerisce l’ansia, i dubbi, il blocco che ci prende quando non c’è più tempo e bisogna passare all’opera, e libera la mente per essere più tranquilla e creativa nell’eseguire il compito stabilito.
Qui puoi vedere una recente video intervista (2021) a George Nonomura. Non parla della tecnica che ti ho condiviso, ma ti permette di conoscere un personaggio e una storia interessanti.
_______________
Info Utili
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Ottieni feedback, ricevi consigli sul tuo progetto online
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• Musica di questa puntata:
"Misty" by Birocratic - disponibile su Bandcamp

• Nella foto di copertina:
George Nonomura (left). Courtesy of West Coast Fencing Archive
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Critiche, commenti, suggerimenti, idee e domande unendoti al gruppo Telegram https://t.me/@RobinGoodPodcastFeedback

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La storia
Nel 1980 ero uno studente della San Francisco State University. Studiavo per laurearmi in Multimedia.
In America, a differenza da quello che succede in Italia, l’università offre grandissime opportunità di fare sport, anche a livello agonistico, difendendo i colori del proprio campus.
Non solo.
La partecipazione a corsi ed attività agonistiche con la squadra della propria università consente anche di guadagnare punti validi al conseguimento della propria laurea.
E così, più per passione che per interesse, decisi di iscrivermi e poi di entrare a far parte della squadra di scherma ufficiale della mia università.
La scherma infatti, così come una multitudine di arti di combattimento, sono stati gli sport che mi hanno plasmato fisicamente e caratterialmente al posto del pallone con cui giocavano tutti i miei amici.
Così come uno studente indiano esperto di cricket può essere accolto in una città latino-americana. E’ un pezzo raro a cui prestare attenzione.
Così, sentendo dentro ancora forte l’attrazione verso questa arte, ho pensato che forse avrei trovato una buona accoglienza e disponibilità, vista la mia nazionalità ed esperienza.
E così fu infatti.
Ma veniamo al dunque.
L’episodio che mi colpì al tempo e che recentemente mi è tornato prepotentemente in mente, è uno avvenuto in uno dei tanti weekend trascorsi facendo gare locali, piccoli campionati e sfide inter-universitarie.
Mi ricordo che eravamo nella grande palestra centrale di allenamento dove si svolgeva una gara locale.
Era presente fra gli altri un giovane ragazzo, di nome George Nonomura, di cui in tanti mi avevano parlato.
George era al tempo uno fra i più promettenti schermidori non solo a livello locale, ma a livello nazionale.
Nonostante non avesse un fisico apparentemente da campione di scherma, alto e longilineo, la sua fama e la sua abilità lo precedevano.
Piccolo quanto me, ma con un fisico estremamente solido e ben allenato, George faceva della sua velocità e della sua calma e distacco delle armi micidiali nel mettere a dura prova qualsiasi avversario.
L’unica cosa che ricordo del combattere con lui, era l’ineffabilità con cui non solo era in grado di difendere, ma la rapidità e i riflessi con cui era in grado di rispondere con velocità e precisione.
Insomma combattere con lui, voleva dire perdere un incontro così rapidamente da non avere avuto neanche il tempo di rendersi conto di cosa aver sbagliato e d cosa sarebbe stato opportuno fare.
Beh, ero lì da un lato, seduto per terra a seguire gli incontri in corso, quando un'amica mi ha fatto notare qualcosa che non avevo mai visto.
George era seduto da una parte con gli occhi chiusi e concentrato.
Ho domandato a Terry: “Che sta facendo?
Sta provando le mosse che farà” mi risponde la mia amica.
Che vuoi dire?” gli domando sorpreso.
Lui si fa un film nella testa del suo prossimo incontro e guarda al rallentatore le mosse, le azioni e i passi che farà quando incontrerà il prossimo avversario.
La cosa mi colpì molto.
Mai avevo sentito o letto di un qualcosa del genere.
Rimasi affascinato e incuriosito, ma rimasi mero spettatore di un qualcosa, che al tempo e per le mie attitudini al tempo, mi pareva si fantastico, ma del tutto fantascientifico e fuori dalle mie possibilità.
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Dimentica San Francisco, dimentica la scherma, dimentica George Nonomura.
Qualche tempo fa, stavo annotando su un foglio di carta i compiti da svolgere il giorno seguente, così come faccio abitualmente.
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L’avvio della registrazione, la prima parte del racconto, cosa avrei detto per spiegare bene il problema, la chiusura e le conclusioni che avrei tratto.
Ho fatto praticamente nella mia mente, ciò che normalmente faccio fisicamente quando mi dedico a svolgere un compito.
Ho preso nota di cosa ho immaginato, e sono andato a dormire.
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  1. Non ho dovuto spendere tempo a “pensare” cosa avrei dovuto dire. Le idee erano già chiare.
  2. Riuscivo a raccontare in maniera fluida e scorrevole quello che avevo pensato la sera prima.
  3. Mi sentivo più tranquillo e fiducioso nel raccontare ciò che volevo condividere e il risultato era decisamente migliore del mio livello medio abituale.

Morale della favola: Ho imparato che posso usare la mia mente per preparami e per migliorare le mie prestazioni quando devo svolgere un compito impegnativo, specialmente in ambito creativo.
Scrivere un articolo, fare un racconto, intervistare qualcuno, esibirsi in una performance.
La formula consiste nell’immaginare - prima di farlo - ciò che si farà. I singoli passi e la sequenza o strategia che si intende seguire.
Farsi un vero e proprio mini-film del processo.
Il risultato è che, facendo ciò, la mia mente si scalda, si mette in moto ad analizzare il percorso, e prepara un “solco” da poter seguire allorché si affronterà il compito vero e proprio.
Ciò alleggerisce l’ansia, i dubbi, il blocco che ci prende quando non c’è più tempo e bisogna passare all’opera, e libera la mente per essere più tranquilla e creativa nell’eseguire il compito stabilito.
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